AKU. Adriano Cuozzo, pittore Pop e filosofo semplice.

di Giorgio Barassi.

“Più estroversa che introversa l'arte pop arriva al dunque istantaneamente”.
(Lucy Lippard)

Interazione. È la chiave di lettura di tutto il lavoro fin qua svolto da Aku, che all’anagrafe è Adriano Cuozzo, nato ad Eboli, in un lembo bellissimo e storico d’Italia, approdo dei Greci e culla della storia della antica Roma. La lunga scia di costa che scende a sud di Salerno, supera la piana e trova ad Agropoli, una sorta di limite, che, ben usato da chi veniva dal mare, era una protezione dai venti che spiravano da sud. Lì c’è Paestum col suo splendore eterno e nella piazza di Agropoli è attivo Aku, con la sua intelligente pittura che è contemporanea, Pop, intrigante e piena di richiami storici e sociali. L’incontro con la creatività della pittura non è dunque casuale, perché il luogo fa molto, e quelle terre hanno la magia del passato che evoca vicende di condottieri ed artisti, poeti e guerrieri, marinai, mercanti e vasai. Aku decide di esprimersi con la pittura e di dedicarsi ad un tema vitale. quello delle relazioni fra noi e gli altri e fra l’uomo e sé stesso.
Chiamarle “relazioni” tout court è però riduttivo, generalizzante. Sfiora il banale e perciò ad Aku non interessa. Interagire è il verbo giusto. Tutta la vita dell’uomo è punteggiata da interazioni. Gli incontri, le occasioni, le decisioni, il semplice “buongiorno” scambiato con un tale nel bel mezzo della nobile Piazza della Mercanzia di Agropoli o il relazionarsi con tanta gente è vita, è storia stessa della vita. E lo sono i nostri incontri con le difficoltà ed i successi, lo è il chiedersi come e cosa, il confrontarsi con sé stessi per risolvere, ragionare, decidere.
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Conoscitore della chimica, Aku, e cioè il Dottor Cuozzo, laurea in farmacia in tasca, pensa bene di dare una connotazione grafica al concetto di interazione, senza ridurre il tutto ad una formula di quelle che ci facevano impazzire al liceo ma attraverso la sua irrefrenabile passione per la pittura. Esordi da vedutista, figurazione arricchita qui e là da interventi segnici significativi e poi l’aprirsi di una via in grado di riassumere semplicemente, su prevalenti canoni di astrattismo, quel concetto. È così che nascono i primi intrecci, verticalità ed orizzontalità policrome che non danno l’idea di un confuso intreccio ma di un razionale composto, in cui un tracciato rettilineo e verticale del pennello sovrasta quello orizzontale e viceversa, una resa chiara ed espressiva di una elucubrazione che fu alla radice di ricerche sociologiche e filosofiche.
Così quell’intreccio, quel sovrapporsi di linee colorate che sanno di assi cartesiani e di ordine nitido per una pittura di giusto impatto diventano contorno e scenario, e nelle sue opere appaiono finalmente le figure. Corpi, oggetti, atteggiamenti facilmente individuabili che hanno il valore degli altri elementi dell’opera e non la fanno da protagonista. Semmai concorrono ad esprimere il tema primario, sono elementi fondanti ed aggiunti insieme. Il vero problema di chi, con l’arte, intende affrontare temi così profondi, da esplorazione esistenziale, è quello di rendere gradevole un’idea complessa, ed Aku ci riesce benissimo.
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Quando staglia due massicce figure di gladiatori in una campitura gialla contornata da quegli ormai noti intrecci, quando sistema la figura della pin-up nel mezzo di un campo cromatico diviso in quadrati, quando affronta temi che la figura individua meglio, arriva a centrare con precisione e senza il dubbio interpretativo, insomma. Da qui l’esigenza di dare temi e titoli in linea, senza sbavature, inequivocabili. Perché ad Aku interessa lavorare sul tema della interazione senza lasciare largo e incontrollato margine di interpretazione all’osservatore. Gli piace porre il problema quanto risolverlo, e così ci si sente coinvolti in una serie di domande che facciamo a noi o a gli altri, in situazioni che abbiamo vissuto o vivremo, con quei due elementi (gli intrecci e le figure) che sono preponderanti, determinanti e indispensabili in pari misura.
I “perché” dell’esistenza vengono resi noti con una disinvoltura artistica che sa di ricerca e di accorta perizia ed incontrano favore immediato da chi guarda. Dopotutto rendere chiaro quel che è difficile per definizione è una gran conquista, che Aku ha raggiunto lavorando di fino sulla scelta dei colori, sulle stesure e sui materiali. Ci aspettiamo nuove variazioni su un tema così importante che è sempre, costantemente al centro della nostra vita: noi e noi o noi e gli altri, un continuo evolversi di situazioni ed accadimenti che sono, per un artista che ha molto del Pop ed altrettanto della cultura classica dell’arte di dipingere, stimoli continui a creare.
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Aku ha il dono della gradevolezza pressoché incondizionata, ma anche la gusta coscienza dello scienziato che inventa solo a condizione di rispettare regole e formule. È come se i suoi intrecci, fatti di ascisse ed ordinate, scandiscano il ritmo di una continua richiesta di conoscenza, che è possibile soprattutto incontrando “l’altro”, che però spesso è dentro di noi. Una continua narrazione dell’esistere e del conoscere resa in modo semplicemente popolare. Non è poco, nell’affollamento di oggi. Davanti ai lavori di Aku si ragiona. Ma prima di ogni altra cosa si gode del gradevole e della ricchezza dei colori. Saranno le magie dei tramonti sul mare che, beato lui, vede tutti i giorni da una postazione baciata dalla storia.