Andrea Manzitti: isole, mappe e portolani.

In occasione della mostra di Andrea Manzitti “Isole, mappe e portolani” in svolgimento allo Spazio d’Arte Scoglio di Quarto dal 4 al 25 maggio, pubblichiamo il testo della storica dell’arte contemporanea e critica Elisabetta Longari.

Questa pittura rappresenta indubbiamente un viaggio, un viaggio nella materia pittorica, nel colore, nei segni e nelle traiettorie possibili. Manzitti, secondo un codice cartografico sui generis anche per la sua natura molto sensuale, traccia rotte che congiungono e collegano in modo arbitrario le terre incognite, le isole forse vulcaniche che affiorano sulla superficie come lava rappresa o conformazioni geologiche in tufo. La polvere di pomice, mescolata applicata e grattata, crea meravigliosi effetti scabri che trattengono una strana memoria del colore che però sembra essersi annullato nella luce. Una materia che si pone a metà strada tra il ricordo della consistenza lunare di certe superfici di Turcato e quella più terrestre di Burri.
1. Andrea Manzitti Île de Ré II 2020 tecnica mista su carta intelata 70x100









In principio v’è la fascinazione dei materiali, la carta con i bordi irregolari e sfrangiati come tratti di coste fortemente frastagliate, la tela, il colore a olio, la tempera, la pomice… Ciò è immediatamente chiaro al primo sguardo, e Manzitti, perfettamente consapevole, attraverso una serie di affermazioni contenute nell’intervista pubblicata nel libro che accompagna la mostra, conferma la lettura dello spettatore, che parte soprattutto dalla sollecitazione aptica. L’idea della pittura come processo che nasce nel e dal confronto con gli elementi prescelti è contenuta soprattutto nelle seguenti dichiarazioni: “Quello è il momento della verità, di vertigine pura, tu hai in mano un carboncino, una matita, un pennello, qualcosa che lasci il segno, potrebbe essere anche una spatola con della pomice e sei di fronte all’ignoto, sei di fronte a un pozzo senza fine e sei cosciente, nella maniera più assoluta, che nel momento in cui tu appoggi la matita, il pennello, la spatola sulla tela, sulla carta, tu hai già fatto un enorme passo avanti, ti sei già perso, ti sei già compromesso perché di lì poi inizia l’avventura”. E, per meglio specificare, aggiungo che in tale disposizione d’animo si fa esperienza del fatto che il processo pittorico tende ad andare in qualche modo per i fatti suoi... e che è quasi come se fosse sempre la prima volta. Sono parole, quelle di Manzitti, che non stonerebbero in bocca a Frenhofer, il protagonista del Capolavoro sconosciuto di Balzac, figura archetipica del pittore per antonomasia nell’immaginario collettivo occidentale.
3. Andrea Manzitti Baia di Hudson 2019 tecnica mista su carta intelata 70x100









La sensualità della materia e il senso del viaggio, dunque, sono alla base delle azioni pittoriche di Manzitti. Come se a vedere fossero le mani, e pare quasi inutile ricordare che già secoli or sono Kant sottolineò che “La mano è la finestra della mente”.
Dopo una vita passata intento in altre occupazioni, ecco crescere a un certo punto un’attrazione fatale che accentra gli interessi di Manzitti e lo entusiasma: la pittura diventa la stella polare.
C’è un che di commovente in questa passione che sboccia tardiva dall’attenzione che egli ha sempre portato all’arte, soprattutto quella moderna. Quando gli ho chiesto di parlarmi delle sue preferenze questa è stata la risposta: “Sono sempre emozionato davanti ai capolavori che la Pinacoteca di Brera ci offre, in particolare davanti al Ritrovamento del corpo di San Marco del Tintoretto. L'episodio raccontato con una serie di immagini in un unico ambiente architettonico, in un artificio prospettico da grande regista moderno, il tutto con pennellate nervose ed astratte”.
9. Andrea Manzitti Portolano 2019 tecnica mista su carta cotone Amalfi 27 2950x36 4150










E quelle pennellate nervose sono forse l’esempio che lo guida, magari inconsciamente, quando crea le traiettorie di colori più vivi che attraversano le superfici dei dipinti mentre traccia le rotte della navigazione che collega le diverse zone; queste linee che si interrompono e riprendono con altro orientamento sembrano indicare la successione delle tappe del percorso, e rappresentano indubbiamente l’introduzione nello spazio di segnali visivi dell’idea di tempo. Per tracciare le linee, sempre rette ma spezzate che vanno a formare una sorta di rarefatta ragnatela, egli sceglie più spesso i colori primari, ma a volte anche il verde… come se la sua pittura fosse un luogo di congiunzione degli opposti, dove si coniugano la componente organica e informe delle isole con il mondo più mentale e geometrico delle linee.
Le scelte iconografiche e compositive attuali risentono forse di un atavico DNA, magari vi agisce il ricordo remoto dei viaggi per mare degli antenati genovesi…
15. Andrea Manzitti Bayeux 2020 tecnica mista su carta Arches 300gr 25.5x169








Quello di Manzitti è un mondo vicino all’invisibile, pensato come un isolario, come se la terra ferma non esistesse e tutto consistesse nella “grazia instabile delle isole”, per dirlo con un’immagine folgorante di Giorgio Manganelli. È una visione dall’alto, a volo d’uccello, in certo senso cartografica, ma, in assenza di descrizioni particolareggiate e nomenclature, presenta territori anonimi e indefinibili, terrain vague, in larga parte portatori della fascinazione per un vuoto amniotico, che accende la curiosità e in cui però l’occhio difficilmente si perde perchè guidato dalle linee di colore.
I quadri, così godibili per temperatura sensuale e al tempo stesso intensamente simbolici e allegorici, nel loro insieme sembrano formare le pagine di un diario di bordo di un misterioso viaggio in fieri… Antica metafora della vita quella del viaggio…
E i dipinti di Manzitti, come le carte, contengono l’idea di essere parte di un continuum, di un flusso testimoniato dalla continuità del mare, che, ancora una volta seguendo le immaginose parole di Giorgio Manganelli, “è dal tempo di Ulisse il grande prato su cui si affacciano tutti i mondi” e delle isole - “Priva di mura, l’isola è il contrario della casa […], salda in sé i divieti del luogo chiuso e la libertà allucinatoria del luogo totalmente aperto”.
La sua pittura attuale rappresenta dunque il nostro andare incessantemente di luogo in luogo, in itinere e in trasformazione, inseguendo una ricerca di senso fino alla fine.










Andrea Manzitti
Nato a Santa Margherita Ligure nel 1944, studi classici e una laurea in giurisprudenza all’università di Genova. Nel 1968 passa l’Appennino per gestire, da Milano, una società di famiglia di broker di riassicurazione, che diventa in breve tempo di primaria importanza nel mercato internazionale. E qui mette radici a tal punto che oggi si considera milanese a tutti gli effetti, sia pure d’adozione.
È a Milano, dunque, che vive e lavora, oggi come pittore. L’incontro con la pittura è avvenuto molto tempo fa, quando per la prima comunione riceve in regalo una cassetta di colori a olio. Autodidatta, nel corso degli anni si esercita saltuariamente con piccole tele e colori ad olio, più che altro per il piacere di inalare il profumo della trementina e dei colori. Durante l’attività di broker coltiva la passione per l’arte anche come collezionista e frequenta artisti, gallerie, fiere e mostre. Arrivato alla pensione apre uno studio e si dedica alla pittura. Espone per la prima volta nel giugno 2016 alla galleria Fex, in val Fex (Engadina), poi a Milano nel 2018 con l’Associazione Artisti del Quartiere Garibaldi. Attualmente è iscritto al Terzo anno del corso di pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera.
Ha debiti artistici nei confronti di Sandro Martini ed Emilio Isgrò.