BIANCO SU NERO

a cura della redazione.
Dopo le ventuno opere della serie “I quadri dell’orbo”, Giancarlo Cerri, pittore milanese classe 1938 da oltre dieci anni ipovedente, torna al Centro Culturale di Milano in Largo Corsia dei Servi 4 dal 29 aprile al 21 maggio 2020 con la mostra “Quando l’orbo ci vedeva bene”, dedicata interamente alla forza espressiva del bianco e nero.
Artista e grafico pubblicitario sin dagli anni Cinquanta, Giancarlo Cerri ha attraversato appieno gli anni 60/70 dell’arte milanese, conoscendone alcuni dei principali protagonisti e facendosi notare tra il 1969 e il 1972 con due personali alla storica galleria Barbaroux di Milano, ovvero in uno dei templi della grande pittura figurativa novecentesca, che lo aveva subito percepito come “costola” di due suoi campioni, Carrà e Tosi.
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Le 45 opere esposte a Milano, la maggior parte disegni su carta e tutte realizzate tra gli anni Sessanta e il 2004, anno in cui la grave maculopatia ha costretto l’artista ad abbandonare l’attività pittorica, sono divise su quattro sezioni: 20 tra ritratti e nudi femminili, 11 tra paesaggi e figure morte, 8 sequenze e 6 dipinti di arte sacra.
Giancarlo Cerri: «Il bianco e nero racchiude in sé la struttura portante del quadro futuro. Esprime i valori plastici dell’opera, i suoi significati. Custodisce l’i- dea, ma può farlo solo se lo sorregge una tecnica esecutiva solida. Ecco perché le etichette “figurativo”, “informale” e “astratto” sono, e nel mio caso più che mai, soltanto le definizioni di un periodo: il disegno resta sempre la base più solida per ogni tipo di pittura».
È dunque la consapevolezza del valore assoluto del disegno nel processo creativo che Giancarlo Cerri vuole rimarcare e che appare evidente nelle opere esposte, per ribadire - come sottolinea Elisabetta Muritti nel suo testo in catalogo - che il disegno è l’idea prima del colore, e di conseguenza è l’anima dell’opera, di ogni opera. Dopo il disegno, solo dopo, e solo eventualmente, ci potrà essere il “corpo a corpo” con il colore.
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Il bianco e nero possono essere entrambi sinonimi di eleganza e purezza, oppure l’uno l’opposto dell’altro, luce e ombra. Tuttavia, per Giancarlo Cerri c’è un colore onnipresente e onnipotente che lo ha sempre accompagnato, il nero, che nei suoi quadri mutua a seconda dei soggetti, tanto che è lui stesso a parlare di Neri, al plurale, in quanto il nero è stato di volta in volta rielaborato con l’aggiunta di altri colori come il rosso carminio o il blu oltremare.
Il corpo più ampio delle opere esposte a Milano – molte delle quali mai esposte sino ad ora - sono 20 disegni su carta fra ritratti di donne e nudi femminili dove l’uso del nero esalta la sensualità di una curva del corpo o semplicemente di uno sguardo.
Sara, Ester, Maddalena sono i nomi di volti e di corpi di giovani donne catturate con pochissimi, sicurissimi tratti, a racchiudere misteri e non detti di donne che erano l’espressione di una nuova femminilità che avanzava, evidente nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta, e che Giancarlo Cerri ha decisamente saputo imprimere sulla carta.
Il secondo gruppo di opere in mostra comprende 11 lavori, tutti realizzati tra gli anni Sessanta e Ottanta, dei quali 9 su carta (7 paesaggi e 2 nature morte), e 2 studi su tela (1 cava e 1 foresta), dove è chiara la vocazione informale dell’artista e dove i segni agiscono in maniera forte e decisa sul sistema percettivo di chi guarda.
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Le ultime due sezioni della mostra sono invece composte da 8 sequenze, disegni astratti su carta e su tela degli anni Novanta, sviluppo consequenziale delle ricerche naturalistiche del decennio precedente ed approdo all’astrazione pura, dove ciò che conta non è più il racconto ma l’immagine, e da 6 opere di arte sacra, cinque su tela e un disegno su carta applicato su tavola, nate da quell’11 settembre 2001 che ha cambiato per sempre l’Occidente.
Se negli studi delle Sequenze il nero mostra chiaramente come sarà la densità e la forza del quadro, nelle opere di arte sacra il nero, profondo come una crepa o una ferita, sommato all’assenza del colore, vuole sottolineare la gravità e allo stesso tempo la spiritualità di scene drammaticamente tragiche. Opere che nascono dalla visione di uomini e donne che, sperando di fuggire alle fiamme e alla morte certa, si lanciano nel vuoto a braccia aperte, come croci capovolto, nella vana fede di un destino differente.