Fabio Grassi. L’altrove e lo spazio.

di Giorgio Barassi.
Una linea è un punto che è andato a fare una passeggiata.
(Paul Klee)

Fabio Grassi ha le caratteristiche del pittore antico, ma il suo presente è già futuro.
Nella sua pittura il riscontro non è solo in quello che molti gradiscono, come i colori è le forme. È soprattutto nel contenuto, che sa di sperimentazioni e vicende vissute continuando a creare e dipingere, misurandosi con nuove avventure, sempre. Ridurre l’analisi della sua pittura al convincimento di aver individuato in lui un indagatore attento dello spazio e del suo interminabile evolversi è sminuirne le qualità, che sono indubbie e hanno avuto modo di manifestarsi in maniera diversa, prima del suo oggi.
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I paesaggi toscani incantati, quelli con tanto di declivio e cipresso, sono stati nella sua pittura precedente come una pietra miliare in un viaggio curvilineo lungo e faticoso. Anche allora, in quella sua pittura essenziale e mai banale, puntava il dito su note che non sfuggivano. Il centro di quei dipinti non era mai un centro esatto. I cipressi si stagliavano lateralmente alla tela o alla carta, cercando di affacciarsi altrove, almeno rispetto a quel che comunemente si è dipinto.
Da qui la prima delle sue connotazioni, cioè quella di non uniformarsi per scegliere una via facile. A Grassi non piace appiattirsi in soluzioni convenienti, perché nulla conviene più del cimentarsi in nuove avventure creative, quando si è artisti. Perciò quegli alberi vennero avvicinati in un tentativo di ingrandimento che rendeva protagoniste le cortecce, come ad indagare significati profondi ed a dipingere l’anima di ciò che componeva quei lavori.
Il passo successivo non poteva che essere un andare all’essenza della sua indagine, a riprendere semplicemente linee e colori per come erano nati dentro un’anima sensibile come la sua.
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E perciò, padrone di una tecnica certa, senza esitazioni, la maturità dell’uomo viene raccontata nelle produzioni in cui Grassi indaga lo spazio inteso come una imponderabile entità della quale possiamo, da umani, tentare un racconto, sapendo bene che quel racconto non sarà mai finito. I colori sono pezzi di spazio e lo spazio disponibile sembra sapere che sarà riferito come un elemento del tutto, ben sapendo di essere il tutto. Nelle sue fortunate operazioni artistiche più recenti viene fuori un piglio narratore intenso, che quasi sovrasta il tema principale. Si trattava di dare si un libero sfogo alle intuizioni sullo spazio, ma anche di rispettare un percorso e lasciarsi includere in quei canoni (la misura di un’opera, ad esempio) a cui Grassi non è mai sfuggito solo per il gusto di mostrarsi “alternativo”.
Ne avrebbe ben donde, perché la sua capacità si è vista in ardite composizioni su carta, scandite centimetro per centimetro con matite e chine assai pregiate, o in misure molto grandi, in cui si poteva presumere una iperbole del racconto di colore e spazio, ma questo chiasso non gli interessa. Quello che per lui conta è il testimoniare una attività di continua ricerca, perché nella ricerca è il fine stesso della pittura di Fabio Grassi. Perciò linee e colori hanno un ruolo fondamentale, perché la loro essenzialità permette il tutto, un concerto di tinte e segni che pare promanato da un altrove indefinibile, eppure facile da intuire. Lo suggerisce lui stesso, in un suo scritto:
…A volte sento l’esigenza di allontanare lo sguardo dalla realtà quotidiana frenetica e caotica e quindi tento una riscrittura personale di un nuovo modo di percepire e di vedere…
È dunque un distacco a determinare il contenuto, un’esigenza che diviene essenza, perché da lì arriva la spinta creativa che anima i policromi lavori di Grassi.
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…Volti, luoghi, sensazioni, affetti, diventano linee, segni, curve che si intrecciano e si aggrovigliano divenendo forme di un mondo interiore ricco di percezioni. Segni decisi o appena accennati tracciati sul foglio compongono forme misteriose a volte “quasi riconoscibili”…

Quindi, la sana esigenza di staccare diventa la spinta propulsiva di una pittura che è e rimane ricerca, ma non soffre il condizionamento delle grida né pretende di porsi al di sopra di altro. È semplicemente la scelta di agire da pittore, raccontando una creatività fervida e figlia di buone regole, ma differente, raffinata e solida. È così che sono nate le opere ultime, intendendo per tali quelle in cui linee rette e curve, continue ed interrotte, armonizzano con colori piazzati nelle intersezioni e formano qualcosa che davvero sembra arrivare da un altrove indecifrato. È proprio così che, qualche sia il formato, si dipana il discorso creativo di Grassi, che non sembra avere un obiettivo, perché è un comporre continuo e persistente, sempre foriero di belle novità ed inesplorati comparti di una pittura senz’altro sofisticata quanto gradevole.
…In questi lavori cerco di accendere una idea, di dare allo spettatore la possibilità di essere non solo osservatore ma partecipan- te nel completamento dell’opera, trovando motivazioni, interpretazioni e suscitando emozioni diverse in ciascuno…
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Ed ecco qua uno degli obiettivi di una pittura così carica ed esistenziale. Eccone uno dei maggiori significati che permettono un largo impiego della immaginazione di chi osserva. E allora è facile pensare che questi temi e questa pittura di Fabio Grassi sia un lavoro che può avere infinite soluzioni ed applicazioni. A pensarci bene, non c’è limite allo spazio. Avanti con le linee, i segni ed i colori, dunque.
L’ altrove suggerisce buoni propositi e tanta bella pittura.
Giorgio Barassi