“due minuti di arte”

Se ricordiamo il Novecento come il secolo “in bianco e nero” il merito è anche (soprattutto) di Cartier-Bresson che con la sua Leika ha ritratto i momenti più importanti della storia d’Europa rendendo elegante e sensata una realtà che forse non lo era poi così tanto. Non bisogna dimenticare che da quando Cartier-Bresson ha impugnato per la prima volta la macchina fotografica il Novecento è riuscito a dare il peggio di sé, “donando” alla storia l’olocausto, la Guerra Mondiale e la cortina di ferro.
Eppure Cartier-Bresson è riuscito a rendere avvincente e straordinario anche ciò che non siamo abituati a considerare tale, dalle strade bagnate dalla pioggia al volto di una vecchina in un vicolo. Credo che sia merito della sua empatia, un dono che il grande Bresson sfruttava per cogliere l’anima dei suoi soggetti, rubarla e chiuderla in una foto. Che poi è questa la potenza della fotografia: racchiudere l’attimo nel sempre, strappare la giovinezza allo spie-tato scorrere del tempo, cogliere il “momento decisivo” e renderlo arte. Per sem-pre.
Carter Bresson sardegna 3
Ma chi era Cartier-Bresson? Lo racconto in due minuti.
1. Henry Cartier-Bresson (Chanteloup-en-Brie, 1908 - L'Isle-su-rla-Sorgue, 2004) è stato uno dei più grandi fotografi di sempre, nessuno come lui è riuscito a cogliere lo spirito del Novecento per renderlo immortale in scatti meravigliosi. Per questo motivo è passato alla storia come “L’occhio del secolo”.  
2. Con le sue foto ha raccontato la Guerra Civile Spagnola, quella cinese, l’occupazione nazista in Francia, l’erezione del muro di Berlino e i funerali di Gandhi. È stato inoltre l’unico fotografo occidentale a cui fu concesso realizzare foto in Unione Sovietica negli anni della Guerra Fredda.
3. Fotoritocco, filtri, complicate elaborazioni al computer: niente di tutto questo. Per Cartier- Bresson la differenza tra una buona fotografia e uno scatto mediocre risiedeva nella capacità di riuscire a cogliere il momento decisivo e renderlo immortale. Il suo libro più importante, non a caso, è intitolato “The decisive moment (1952). Cartier-Bresson non amava accompagnare le sue foto con lunghe dida- scalie, di solito si limitava a indicare luogo e data. “Le immagini non hanno bisogno di parole, di un testo che le spieghi  dichiarò  sono mute, perché devono parlare al cuore e agli occhi”.
4. Coerente con questa filosofia, Cartier-Bresson nei suoi ritratti non mette i soggetti in posa ma preferisce fotografarli nel quotidiano, mentre sono inseriti nel loro ambiente. Non amava usare l’esposimetro per regolare l’apparecchio, ma il bilan- ciamento tra bianchi e neri conferisce ai suoi scatti un intenso equilibrio dinamico.
5. A Cartier Bresson è legato lo storico brand di macchine fotografiche Leika, che lui considerava “un’estensione del suo stesso occhio”. La prima, una 35 mm con lente 50 mm, la acquistò nel 1932, dopo un viaggio in Costa d’Avorio che lo fece innamorare della fotografia.
Carter Bresson Hyeres 1
6. Durante la Seconda Guerra Mondiale Cartier-Bresson si arruola nell’esercito francese ma fu fatto prigioniero dai tedeschi. Rimase in un campo di prigionia per trentacinque mesi durante i quali tenta più volte di evadere riuscendoci solo al terzo tentativo. Una volta libero entra nelle fila della Resistenza francese, fotografando la liberazione di Parigi nel 1944.
7. Nel 1947 fonda con i suoi amici fotografi David Seymour (conosciuto nel 1934), Robert Capa, George Rodger e William Vandivert, la Magnum Photos, che diventerà la più grande agenzia fotografica al mondo. Da questo momento comincerà a viaggiare per il mondo, realizzando re-portage fotografici che passeranno alla storia.
8. C’è anche l’Italia nelle foto di Cartier-Bresson, che vi farà tappa più volte tra il 1951 e il 1973. Nel 1962 ad esempio, si reca in Sardegna per un reportage per la rivista Vogue. Farà tappa anche in Basilicata, raccontando nei suoi scatti un mondo arcaico e misterioso, dove le donne hanno il volto rugoso e saggio delle vedove e i bambini giocano scalzi tra i vicoli di tufo dei Sassi di Matera.
9. Oltre che un grande fotografo, Cartier-Bresson è stato anche regista. Ha mosso i primi passi nel mondo del cinema come assistente del regista francese Jean Renoir, figlio del pittore impressionista Pierre-Auguste Renoir. Tra le opere più importanti di Bresson regista c’è “Le Retour”, documentario del 1946 sul ritorno dei rifugiati di guerra francesi.
10. Una delle foto più note di Cartier-Bresson è Hyères, Francia, 1932. Famosi anche i ritratti di personaggi famosi, come Albert Camus, Coco Chanel, Marcel Duchamp, Gandhi, Martin Luther King, Henri Matisse, Marilyn Monroe, Richard Nixon, Jean-Paul Sartre ed Igor Stravinsky.
di Marco Lovisco
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