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La Fondazione MAST presenta “DISPLACED”

La prima mostra antologica del fotografo Richard Mosse.
7 maggio – 12 settembre 2021.
A cura di Silvana Gatti

La Fondazione MAST presenta Displaced, la prima mostra antologica dell’artista Richard Mosse, a cura di Urs Stahel. Una rassegna, questa del fotografo irlandese, che riflette come uno specchio le tematiche più scottanti della nostra epoca: migrazioni, conflitti e cambiamenti climatici. Unendo il documentarismo con l’arte fotografica, Mosse pone davanti ai nostri occhi le immagini che mostrano i luoghi chiave degli attuali cambiamenti sociali, economici e politici.
In mostra alla Fondazione MAST sono esposte 77 fotografie di grande formato che includono gli scatti più recenti della serie Tristes Tropiques (2020), realizzati nell’Amazzonia brasiliana. Il fotografo all’HuffPost: L’Amazzonia ha una finestra temporale di 10 anni dopo i quali sconfiggerà sé stessa e non potrà più sostenere il Pianeta.
La mostra propone anche due monumentali videoinstallazioni immersive, The Enclave (2013) e Incoming (2017), un grande video wall a 16 canali Grid (Moria) (2017) e il video Quick (2010).
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Richard Mosse, classe 1980, è un fotografo documentarista concettuale irlandese di Kilkenny, vive a New York ed è uno dei fotografi più apprezzati e quotati a livello internazionale. Dopo la laurea al King’s College di Londra in Letteratura inglese e un Master in fine Art a Yale, ha preso la decisione di lasciare tutto e tutti per seguire il suo obiettivo e partire. Prima in Medio Oriente, poi in Europa Orientale per finire al confine tra gli Stati Uniti e il Messico, seguendo sempre il suo interesse per gli effetti dei conflitti in zone di crisi dove, utilizzando una pellicola a infrarosso a colori, mira a creare nuove prospettive di visione della realtà. Per dirla con le parole di Urs Stahel, curatore della mostra, “Richard Mosse crede fermamente nella potenza intrinseca dell’immagine, ma di regola rinuncia a scattare le classiche immagini iconiche legate a un evento. Preferisce piuttosto rendere conto delle circostanze, del contesto, mettere ciò che precede e ciò che segue al centro della sua riflessione. Le sue fotografie non mostrano il conflitto, la battaglia, l’attraversamento del confine, in altri termini il momento culminante, ma il mondo che segue la nascita e la catastrofe. L’artista è estremamente determinato a rilanciare la fotografia documen- taria, facendola uscire dal vicolo cieco in cui è stata rinchiusa. Vuole sovvertire le convenzionali narrazioni mediatiche attraverso nuove tecnologie, spesso di derivazione militare, proprio per scardinare i criteri rappresentativi della fotografia di guerra”.
I luoghi protagonisti dei conflitti con le loro situazioni critiche vengono fotografati e filmati con l’uso di tecnologie di derivazione militare, stravolgendo completamente lo stile tradizionale della rappresentazione fotografica, ottenendo immagini che, nonostante la durezza dei contesti rappresentati, colpiscono per estetica, suscitando stupore ed incredulità nel visitatore. Quando attraverso la bellezza, che l’artista definisce “lo strumento più affilato per far provare qualcosa alle persone”, si documenta la sofferenza derivante dalle tragedie del nostro tempo, “sorge un problema etico nella mente di chi guarda”, che si ritrova confuso, disorientato.
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I primi lavori (MAST.Gallery)
- Richard Mosse inizia a occuparsi di fotografia nei primi anni 2000, durante l’ultimo periodo degli studi universitari. I suoi primi scatti vengono effettuati in Bosnia, in Kosovo, nella Striscia di Gaza, lungo la frontiera fra Messico e Stati Uniti e vedono l’assenza quasi totale di figure umane. Soltanto le immagini che compongono la serie Breach (2009), che testimoniano l’occupazione dei palazzi imperiali di Saddam Hussein in Iraq da parte dell’esercito americano, vedono la presenza di alcuni personaggi. Sono scatti che raccontano il dopoguerra, mettendo davanti ai nostri occhi non il conflitto, la battaglia, l’attraversamento del confine, ma la distruzione, la sconfitta ed il collasso dei sistemi all’indomani della catastrofe.
Infra (MAST.Gallery) e The Enclave (Livello 0) - Tra il 2010 e il 2015, prima per Infra e poi per The Enclave, articolata videoinstallazione in sei parti sullo stesso tema, Richard Mosse si reca nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, nella regione del Nord Kivu, località in cui viene estratto il coltan, un minerale altamente tossico da cui si ricava il tantalio, materiale che trova largo impiego nell’industria elettronica e che è presente in tutti i nostri smartphone. Il Congo, ricco di risorse minerarie, una delle aree più ricche dell’intero continente africano, è segnato da continue guerre e disastri umanitari senza precedenti: dopo il genocidio in Ruanda del 1994 le milizie ribelli stabilitesi nella Repubblica democratica del Congo non hanno mai smesso di alimentare nuove ondate di violenza. Basta pensare all’ambasciatore Luca Attanasio ed al carabiniere Vittorio Iacovacci, entrambi uccisi in un attentato il 22 febbraio 2021, per capire il coraggio e lo spirito giornalistico che spingono Richard Mosse a esplorare a fini documentaristici ogni angolo del mondo.
Per i suoi scatti in queste zone devastate è stata scelta Kodak Aerochrome, una pellicola da ricognizione militare sensibile ai raggi infrarossi, ormai fuori produzione, in grado di localizzare i soggetti mimetizzati. Ed ecco che, sorprendentemente, negli scatti di Infra, la pellicola immortala la clorofilla presente nella vegetazione rendendo visibile l’invisibile, regalandoci in una versione del tutto inedita la lussureggiante foresta pluviale congolese, trasfigurata in uno splendido paesaggio surreale dai toni del rosa e del rosso. In Infra sono stati immortalati paesaggi maestosi, scene con ribelli, civili e militari, le capanne in cui la popolazione, sempre in fuga, trova momentaneo riparo da un perenne conflitto combattuto con machete e fucili. Richard Mosse, attraverso le sue foto artistiche, scardina i tradizionali criteri della fotografia di guerra. Il contrasto tra la bellezza della natura e la crudeltà della guerra viene sottolineato in particolar modo nell’imponente videoinstallazione in sei parti The Enclave, progetto gemello di Infra. Qui Richard Mosse pone davanti ai nostri occhi il contrasto tra la natura della foresta della Repubblica Democratica del Congo e la violenza dei soldati dell’esercito e dei ribelli. Nella rigogliosa boscaglia si susseguono azioni militari, addestramenti e scontri tra i combattenti. I rumori che accompagnano le immagini rendono il dolore degli uomini, grazie al video sui soldati uccisi. I rumori diventano poi melodie per lasciare spazio ad un paesaggio contrastante per la sua bellezza. Il fotografo e regista, accompagnato dall’operatore Trevor Tweeten e dal compositore Ben Frost, ha realizzato The Enclave per il Padiglione Irlandese alla 55° edizione della Biennale di Venezia nel 2013, ispirandosi al celebre romanzo Cuore di tenebra di Joseph Conrad.
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Heat Maps (MAST.Gallery Foyer) e Incoming (Livello 0)
- Dal 2014 al 2018 Mosse ha focalizzato la sua attenzione sui fenomeni migratori e sulle tensioni derivanti dalla dicotomia tra accoglienza e rimpatrio. Mosse, con la sua tenacia, è stato nei campi profughi Skaramagas in Grecia, Tel Sarhoun e Arsal a nord della valle della Beqa’ in Libano, i campi di Nizip I e Nizip II nella provincia di Gaziantep in Turchia, il campo profughi nell’area dell’ex aeroporto di Tempelhof a Berlino e molti altri. Per Heat Maps e la video installazione Incoming, è stata usata una termocamera capace di registrare le differenze di calore nell’intervallo degli infrarossi: anziché immortalare i riflessi della luce, registra le cosiddette “heat maps”, le mappe termiche. Questa tecnica militare, usata sin dalla guerra di Corea, consente di “vedere” le figure umane da una trentina di chilometri di distanza, senza tuttavia rivelarne l’identità.
Incoming (2017) è un’installazione audiovisiva divisa in tre parti che utilizza la termografia a infrarosso. Richard Mosse, che ne è il regista e produttore, e il suo team - il direttore della fotografia Trevor Tweeten e il compositore e sound designer Ben Frost - hanno lavorato su tre scenari: nella prima parte, sono ripresi i preparativi su una portaerei per il decollo di jet militari impegnati in operazioni di controllo dei cieli mediterranei. Nella seconda parte, sono immortalati i migranti su barconi sovraffollati mentre attendono i soccorsi. Nell’ultima parte, i migranti sono ripresi nei campi profughi, tra tende e capannoni, nella loro nuova e forzata quotidianità in attesa di riprendere il loro viaggio di speranza verso l’Europa centrale. Per produrre il video wall del 2017 Grid (Moria), Richard Mosse è stato più volte nel campo profughi sull’isola greca di Lesbo, un campo noto per le sue pessime condizioni. Le riprese sono state effettuate con termografia ad infrarosso (heat maps).
Ultra e Tristes Tropiques (MAST.Gallery Foyer). Tra il 2018 e il 2019, Mosse esplora la foresta pluviale sudamericana spostando la sua ricerca dai conflitti umani alle immagini della natura. In Ultra, con la tecnica della fluorescenza UV, Mosse scandaglia il sottobosco, i licheni, i muschi, le orchidee selvatiche, le piante carnivore e, alterandone lo spettro cromatico, trasforma queste immagini in uno spettacolo multicolore e scintillante. L’artista descrive in maniera spettacolare la biodiversità, tra proliferazione e parassitismo, voracità e convivenza tra le specie, per evidenziare la ricchezza che l’umanità rischia di perdere a causa dei cambiamenti climatici e dell’intervento dell’uomo. Con Tristes Tropiques, la serie più recente di Richard Mosse, viene documentata con la precisione della tecnologia satellitare la distruzione dell’ecosistema ad opera dell’uomo. La tecnica fotografica utilizzata è definita da Denis Woods “counter mapping”, una forma di cartografia di resistenza che grazie a fotografie ortografiche multispettrali mostra i danni ambientali difficilmente visibili dall’occhio umano. Richard Mosse ha scattato queste fotografie di denuncia lungo il fronte di deforestazione di massa nell’Amazzonia brasiliana. I droni rilevano come in una mappa le tracce del fuoco che avanza inesorabilmente lungo le radici delle foreste, gli effetti dell’allevamento intensivo, delle miniere illegali per l’estrazione di oro e minerali. Ogni mappa di Tristes Tropiques mostra i delitti ambientali perpetrati su vasta scala, diventando per il fotografo un archivio che li documenta.
Chiude la mostra il video Quick del 2010, un filmato girato dallo stesso Richard Mosse che ricostruisce la genesi della sua ricerca e della sua pratica artistica attraverso i temi a lui cari come la circolazione del virus Ebola, la quarantena e l’isolamento, i conflitti e le migrazioni, muovendosi tra la Malesia e il Congo orientale.
Una mostra da vedere, per acquisire maggiore consapevolezza rispetto ai problemi etici, ecologici, ambientali e sociali del mondo in cui viviamo. Per non dire “non lo sapevo” di fronte agli sfruttamenti ambientali e umani in atto nei paesi extra-europei, per capire il perché dei flussi migratori, per ammirare quel che resta della bellezza della natura, con l’auspicio che il monito di Richard Mosse possa essere ascoltato affinché l’umanità si attivi per rendere più vivibile l’unico pianeta disponibile per la nostra fragile vita. 

Ingresso gratuito solo su prenotazione
Orari: martedì - domenica, 10:00 - 19:00