Stampa questa pagina

Mokichi Otsuka

Nel segno della Musa - “Ritratti d’artista” Maestri del ‘900
Un'arte scultorea nata dall'intreccio fra tradizione poetica orientale e tradizione plastica occidentale. Un percorso artistico segnato da forte identità, profonda armonia ed equilibrio formale. Qualità che nel tempo hanno reso questo maestro giapponese uno scultore di livello internazionale.
Le interviste di Marilena Spataro
Quali le tappe più importanti del suo percorso d'artista?
«Finita l'Accademia a Tokyo come pittore, ho iniziato a interessarmi alla creta, modellando figure. Ho viaggiato a lungo visitando tutti quei luoghi dove l'arte occidentale è nata e si è affermata nel mondo, a partire dalla Grecia e dall'Italia. Ero e sono assolutamente affascinato dalle sculture dell'antica Grecia e da quelle etrusche, così come da tutta l'arte del vostro Rinascimento. Sentivo il desiderio profondo di iniziare un percorso scultoreo che partisse dalla vostra tradizione plastica e perciò decisi di venire per un certo periodo nel vostro Paese a formarmi in tal senso. Nel 94 arrivai a Faenza, conosciuta internazionalmente come una delle capitali della ceramica, per avviare il mio apprendimento dell'arte della terracotta e qui mi stabilii fino al 99».
Mokichi3
Come è stato il rapporto con Faenza e con i suoi artigiani?
 
«A Faenza ho trovato, più che degli amici, direi quasi dei familiari. Che praticamente mi hanno adottato. Qui ho studiato per tre anni all'Istituto d'Arte Ballardini sotto la guida del maestro Rontini che mi ha insegnato tanto sul fronte della scultura in terracotta. Nel 99 sono rientrato in Giappone. Ma a Faenza ci torno ogni anno e vi soggiorno per tre o quattro mesi. Appena arrivo mi immergo nel lavoro, ho la fortuna, infatti, di avere amici artigiani che mi ospitano nei loro laboratori. Per me Faenza é come una seconda patria e tornarvi mi dà sempre una grande emozione e un'immensa gioia. Peraltro, amo moltissimo tutto quella che è la tradizione artistica occidentale, in specie dell'Italia, con il suo Rinascimento e la genialità dei suoi incomparabili artisti. Un orientale come me, non può che restare assolutamente affascinato da quel senso di ordine e di geometrica perfezione che caratterizza sia l'arte occidentale, a partire da quella italiana del passato, che la sua stessa civiltà».
Quali le origini della sua particolarissima tecnica e del suo senso plastico che tanto l'hanno resa famosa a livello internazionale?
«Per rispondere devo fare un passo indietro nella mia vita. Quando nel 99 rientrai in Giappone dal mio lungo soggiorno faentino, cominciai ad avere seri problemi di salute. Al tempo giravo molto per il mondo, ma a un certo punto dovetti fermarmi per affrontare delle pesanti cure essendo affetto da una grave malattia. Io sono buddista per cui volli capire meglio le cause del mio male. Rivolsi così la mia attenzione e, di conseguenza le mie cure, innanzitutto alla mia parte interiore. Con il tempo, la pazienza e la positività del pensiero, riuscii a guarire pure nel corpo. Prima dei problemi di salute, realizzavo sculture piuttosto diverse da quelle che faccio oggi, dove tutto era luce. Può sembrare paradossale, ma fu proprio la malattia ad aprirmi nuovi orizzonti anche sul fronte artistico».
Mokichi2
Ce ne parla, maestro?
«Fu in quella occasione che colsi tutta la profondità del pensiero buddista, secondo cui la vita e la morte sono due aspetti complementari e non contrapposti, dove la luce e l'ombra, il pieno e il vuoto sono aspetti di un'unica esistenza, di un Tutto armonico, di un tempo unico, ciclico e universale, per intenderci qualcosa come il nietzschiano “eterno ritorno”. È l'armonia dell'essere e della natura che cerco di trasmettere con il mio lavoro. La mia tecnica del pieno e del vuoto, della luce e dell'ombra nasce da lì, da una profonda riflessione sul buddismo».
Quali sono gli aspetti, umani e naturalistici, che ama indagare maggiormente attraverso le sue opere?
«Come dicevo, sono gli aspetti dell'armonia dell'essere in una visione universalistica. Quindi non solo umana, ma anche della natura. Da anni prediligo scolpire, più che la figura umana cui mi dedicavo precedentemente, figure del mondo animale, in specie quelle considerate sacre nelle religioni e nelle maggiori civiltà del passato. Con questo affermando una visione filosofica ed esistenziale che mi appartiene, dove il sacro e l'armonia sono aspetti presenti in tutto il creato, sia esso riferito agli uomini, al mondo animale, vegetale e di ogni altro genere possibile».
C'è una componente etica, oltre che estetica, nel suo lavoro?
«Assolutamente sì. Il mio lavoro nasce da una visione che va alla ricerca dell'armonia dello spirito come della materia. Oggi, nella vita come nell'arte, è necessario cercare Armonia e Pace. A mio avviso è solo attraverso questa ricerca che possiamo affrontare tutte quelle minacce ambientali e umane che da tempo affliggono il nostro pianeta, mettendone a repentaglio la stessa esistenza. L'arte ha un ruolo molto importante nel diffondere questa sensibilità improntata ai valori del rispetto dell'uomo e di tutta la natura».
Mokichi1
Com'è il suo rapporto con il mondo dell'arte contemporanea e come il suo lavoro si caratterizza rispetto a questo?
«Ritengo che l'arte contemporanea debba recuperare i valori della tradizione estetica e artistica del passato, per troppo tempo dimenticati. Una ripartenza dalla tradizione innestata ad una sensibilità moderna, nonché a nuove forme e tecniche artistiche, non può che ridare slancio e vigore a un'arte che oggi mi appare stanca e quasi sempre vuota, priva di anima e di un vero e profondo senso artistico e poetico, oltre che umano».
Quali i suoi progetti futuri. Quale un suo sogno ancora da realizzare?
«Ho alcune mostre in cantiere e un'opera monumentale che ho già progettato e cui sto già lavorando. Un sogno quest'ultimo che accarezzo da tempo e che spero di vedere a breve realizzato».