Carlo Mattioli

Il Labirinto della Masone a Fontanellato (Parma) ospita un’importante mostra dedicata al grande pittore Carlo Mattioli  (1911-1994), curata da Fondazione Franco Maria Ricci e Archivio Mattioli, visitabile fino al 24 settembre prossimo.
La rassegna è  un omaggio di Franco Maria Ricci a Mattioli, concittadino e amico con il quale condivideva lo stretto legame con la città di Parma e il suo territorio, e rappresenta un’occasione imperdibile per approfondire la conoscenza di un artista apprezzato soprattutto per la molteplicità dei linguaggi che ha saputo fondere  in uno stile unico.
"Il mio desiderio afferma Franco Maria Ricci oggi esaudito grazie anche alla attenta partecipazione della famiglia Mattioli, è quello di presentare una mostra e un libro che, attraverso una scelta dei risultati più alti, conservi il profumo seducente ed elusivo di questo pittore appartato e incline alla contemplazione. Un’intenzione simile a quella che ebbi quando, molti anni fa, pubblicai nel numero 67 della mia rivista FMR l’affascinante serie degli Alberi di Carlo Mattioli".
Modenese di nascita e parmigiano d’adozione, Mattioli è stato un artista di spicco del Novecento italiano, con il suo stile essenziale e sobrio, che invita alla meditazione attraverso pochi elementi atti a carpire i profumi e l’atmosfera dei luoghi, grazie anche agli influssi letterari derivanti dall’ambiente da lui frequentato, fecondo di poeti e letterati come Luzi, Bertolucci, Testori e Garboli.
In mostra una sessantina di opere, molte delle quali inedite, selezionate  da Sandro Parmiggiani e Anna Zaniboni Mattioli, nipote dell’artista e responsabile dell’Archivio. Il percorso della rassegna attraversa trent’anni dell’opera del Maestro, dal 1961 al 1993, e presenta i dipinti più significativi delle serie che lo hanno reso noto: dai Nudi alle materiche Nature morte, dai rivisitati Cestini del Caravaggio agli Alberi e ai personalissimi Ritratti, dai Paesaggi alle Spiagge della Versilia, dalle Aigues Mortes ai Campi di grano e papaveri.
La mostra si apre con una ventina di dipinti che ricordano la matericità delle opere di Burri, per via delle paste spesse e materiche che formano immagini che, se ad un primo impatto sembrano colline terrose, ad uno sguardo più attento rivelano dei nudi sdraiati, sintetici e talmente criptici da tendere all’astratto. I colori sono talvolta bui talaltra chiarissimi e impalpabili, rispecchiando la variabile emotiva dell’altalena della vita.
Nella seconda sezione della mostra sono esposti i bozzetti di scene e costumi di un inedito Mattioli artista per il teatro, attivo come costumista e scenografo nei primi anni Cinquanta per opere di lirica e prosa (Trovatore di Verdi, Medea di Jeffers, Nozze di sangue di Garcia Lorca, Incendio al teatro dell’opera di Georg Kaiser, L’importanza di chiamarsi Ernesto di O. Wilde).
Si prosegue con le nature morte, di taglio essenziale, in cui  gli elementi racchiudono l’essenza della quotidianità, come nella rivisitazione dei Cestini del Caravaggio in cui il dipinto del Merisi viene interpretato in chiave morandiana, sintetica. Un cenno a parte meritano i paesaggi, in cui la linea dell’orizzonte, alta, lascia poco spazio al cielo ed immerge  prepotentemente lo sguardo dello spettatore nel campo fiorito, ora color lavanda ora color papavero. E’ intorno al 1969 che Mattioli, dopo tante figure, nudi, ritratti e nature morte si rivolge alla natura, inondando le sue tele di colori verdi e luminosi. Uno scorcio di campagna viene rappresentato con un semplice tratto di verde più scuro, tendente all’astrazione spaziale. Ed è nella terza e ultima parte della mostra che è possibile tuffarsi nei grandi Paesaggi, le opere forse più conosciute concepite negli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Colori intensi e materici, che riflettono l’amore di Mattioli per la natura. Campi di papaveri,  Boschi, Ginestre, Lavande e le Aigues Mortes. Opere paesaggistiche in bilico tra figurazione ad astrazione, in grado di suscitare nel fruitore emozioni che vanno al di là della semplice visione fotografica, senza tuttavia trascendere nell’astrazione vera e propria, in quanto gli elementi figurativi appaiono riconoscibili nella loro espressione sintetica. Spiccano tra le altre opere gli  inconfondibili alberi, icone immerse nella luce accecante estiva, tra cui lo splendido albero rosa del 1980, scelto per la locandina della rassegna.
Mattioli è anche inspiegabilmente attratto dalle tenebre, che avvolgono i suoi nudi e le sue nature morte, i suoi  ritratti e meno frequentemente i suoi paesaggi. Per dirla con le parole di Garboli, “la luce secondo Mattioli, crea una drammaturgia esteriore; mentre i colori dell’universo sono trionfali, ma opachi, morti.” Nella mostra antologica del 1970 erano stati esposti due paesaggi, dipinti nel 1969, sui quali una coltre di nero scuriva tutto il cielo, due opere che erano il preludio dei molteplici paesaggi notturni e tenebrosi, talvolta arricchiti solo dalla luna. Il nero è uno dei  colori prediletti di Mattioli, e ci vorrebbe uno psicologo per analizzare il suo carattere attraverso le sue opere e i suoi disegni. Il nero di Mattioli è un elemento molto interessante, accostabile sia al nero di Burri che a quello di Ad Reinhardt. Come loro, Mattioli esegue opere pittoriche con una materia che, se da un lato  sembra abolizione di colori, dall’altro li potenzia, come sostenne Roberto Tassi nel 1995.
Grande attenzione in questa mostra è rivolta ai Ritratti che occupano buo-na parte dell’opera di Mattioli fin dagli esordi. Accanto al celebre Autoritratto con Anna del 1982 sono esposti alcuni ritratti dedicati a De Chirico, Guttuso, Manzù, Carrà, Longhi, Rosai, insieme a quattro ritratti di Giorgio Morandi del 1969, messi a confronto per la prima volta nella stessa rassegna. Ritratti meditati che non sono meramente fotografici ma restituiscono al visitatore l’anima del personaggio rappresentato.
Il visitatore della mostra può notare due caratteristiche che distinguono l’opera di Mattioli: da un lato un linguaggio monumentale, scelto anche nella pittura di soggetti semplici co-me nella serie degli alberi; dall’altro il piacere della manipolazione del materiale, utilizzato attraverso la me- tamorfosi dei vari amalgami con la superficie pittorica, quasi a creare quadri-sculture, bassorilievi pittorici.
Come scrive Sgarbi: “la natura nella sua infinita varietà è il tema della intera opera di Mattioli, che in essa si cala per restituircene l’essenza, in una esperienza totale, mistica, consumandosi nella visione.”
La mostra celebra anche l’uscita del Catalogo Generale dei dipinti, realizzato da Franco Maria Ricci con la prefazione di Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose, i testi critici di Vittorio Sgarbi e Marco Vallora, la biografia aggiornata dell’artista a cura di Marzio Dall’Acqua. Contiene inoltre la bibliografia completa, l’indice di tutte le esposizioni personali e collettive, l’elenco di tutti i 2700 dipinti schedati e circa 150 riproduzioni a colori di grandi dimensioni delle opere più rappresentative dell’artista, selezionate dall’Editore stesso. L’Archivio Mattioli, in considerazione delle nuove tecnologie di comunicazione, ha scelto di affiancare ad un volume cartaceo di circa duecento pagine, un file digitale racchiuso in una chiavetta USB contenente in dettaglio tutte le schede e le riproduzioni a colori e in bianco e nero delle opere.
Grazie all’impegno delle Istituzioni di Parma e dell’Archivio Mattioli, è stata allestita anche una mostra collaterale, Nella pagina e nello spazio. Mattioli illustratore e scenografo, alla Biblioteca Palatina di Parma (27 maggio – 22 settembre ). Profondo conoscitore della letteratura italiana ed europea Mattioli, negli anni Quaranta e Cinquanta, ha collaborato con Ugo Guanda alla veste grafica dei volumi agli esordi della Casa Editrice per poi dedicarsi, negli anni Sessanta, all’illustrazione vera e propria di capolavori classici (Divina Commedia, Decameron, Canzoniere del Petrarca, Belfagor di Machiavelli, Orlando Furioso, Novelle del Sermini, Venexiana, Ragionamenti dell’Aretino) e moderni (Stendhal, Hofmannsthal, Gustavo Adolfo Bécquer, Garcia Lorca, Balzac, Leopardi). In mostra sono esposti i libri, vere edizioni d’arte, affiancate dai disegni originali.
Lo Studio del pittore, nel Secentesco Palazzo Smeraldi accanto al Duomo di Parma, è visitabile su appuntamento (per prenotazioni Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. tel. 0521 231076 al mattino). L’atelier è stato conservato così come l’artista lo ha lasciato: ecco davanti a noi, come se Mattioli ne fosse appena uscito, le tavolozze, i pennelli, la giacca imbrattata di mille colori, i tubetti ancora aperti e le opere compiute ed incompiute.
In mostra è anche visibile il video Viaggio terrestre e celeste nella pittura, coprodotto da Archivio Carlo Mattioli e Solares Fondazione delle Arti, un viaggio di 30 minuti nella pittura del grande artista emiliano. Un racconto che parte dai luoghi dell’infanzia e dalle esperienze formative, dalle amicizie, dalle relazioni interpersonali che sono state la linfa vitale che ha condotto la creatività e la produzione artistica di Mattioli. Una biografia con immagini di repertorio  ed interviste a critici e storici dell’arte quali Maurizio Calvesi, Gianfranco Maraniello, Simona Tosini Pizzetti e Arturo Carlo Quintavalle, e testimonianze di intellettuali come Mario Luzi, Maurizio Chierici, Attilio Bertolucci, Federico Fellini, Enzo Biagi.
La mostra dedicata a Carlo Mattioli rappresenta dunque una occasione imperdibile per scoprire o riscoprire l’opera di un artista sorprendente, moderno e, per finire con le parole di Sgarbi: “con autenticità di visioni e di emozioni […] e sempre a cavallo tra figurazione e astrazione”.
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